Siamo Sara e Allen, storici in pensione ma sempre affiliati ad istituzioni universitari a Firenze. Il Poggiolo è entrato nella nostra famiglia dal 1968, e ci viviamo in modo permanente dal 1980.

Storia del Poggiolo e la Casa Colonica

Il nome topografico “Il Poggiolo” risale al meno al 15° secolo (fonte: Catasto Fiorentino 1427). Dal Seicento, le mappe indicano la presenza di un edificio rurale, senza utleriori dettagli. Non se ne sa molto d’altro fino ai primi anni del ‘800, quando il casale e il podere erano di proprietà della Chiesa Cattolica.

Furono venduti nella prima metà del ‘900 ad una famiglia borghese di Montevarchi. Il Poggiolo continuava ad essere sfruttavo come podere, con una famiglia di mezzadri in residenza, mentre i proprietari se ne servivano come casa di campagna, occupando degli appartamenti “signorili” nell’edificio principale (ora la “Casa Colonica”). Nel 1968, la struttura principale è stata trasformata in villa stile Leopoldina mantenendo una divisione in due metà: “contadina” e “signorile”.

I vicini ottantenni si ricordano ancora della famiglia di mezzadri che abitava al Poggiolo durante la Seconda Guerra Mondiale, quando uno sfortunato incidente provocò un incendio alla fattoria. Tutto il vicinato è accorso in aiuto, formando una catena umana con secchi d’acqua dal pozzo (ancora esistente) alla casa. Segni di bruciato sono ancora evidenti sul telaio di una finestra nella Casa Colonica (nella camera a due letti).

Accanto alla Casa Colonica si trova il Fienile, una struttura era utilizzata per una varietà di scopi: per riporre gli attrezzi, per l’essiccazione del mais, per lo stoccaggio del carbone e la cottura settimanale del pane nel forno a legno. Come molti edifici rurali, il Fienile vide adattamenti ed espansioni a secondo delle necessità’. Trasfomato in ‘civile abitazione’ nel 2006, quest’edificio storico ha conservato molti dettagli architettonici tradizionali, con premura per la bio-ecologia.

Il Poggiolo ha prodotto vino ed olio d’oliva fino al 1987, quando gli attuali proprietari dovettero abbandonare la vigna e l’oliveto a favore della loro attuale professione.